Come motivarsi con gentilezza e self-compassion

Scritto da Paolo Roganti
il venerdì 24 Giugno 2022

Per cambiare, inizia con il volerti più bene

Ti è mai capitato di voler iniziare una dieta, fare più attività fisica o cambiare un’abitudine e poi fallire miseramente?

A me è successo decine di volte, e succede tuttora spesso. Mi impongo uno schema rigido per esempio “da oggi in poi, leggo mezz’ora al giorno” e dopo la prima settimana ritorno ad essere la versione “mozzarella” di me stesso.

Nota dell’autore: la versione “mozzarella” è la parte di me che starebbe volentieri tutto il giorno sul divano, a sgranocchiare fonzies e rivedersi tutte le stagioni di Friends.

Ho scoperto però un antico segreto che i grandi guru motivatori non vorrebbero mai essere svelato e divulgato al grande pubblico: ci si può motivare con gentilezza e self-compassion.

È possibile migliorarsi senza autoaggredirsi, senza imporsi schemi rigidi ed essere critici verso sé stessi.

Molti di noi si trattano con durezza, severità e autocritica quando vogliamo cambiare qualcosa. Puoi declinare questo “motivarsi” in una situazione della tua vita, per esempio seguire una dieta, fare attività fisica, imparare una competenza, passare meno tempo sui social, studiare.

Insomma, hai un obiettivo di qualche tipo e vuoi darti da fare per raggiungerlo.

Parte un meccanismo di motivazione interno, più o meno consapevole, di cose che dici a te stessa/o. Pensi a un modo per raggiungere l’obiettivo, poi, inevitabilmente in quanto essere umano, fallisci (esempio: salti la dieta per due settimane perché sei in viaggio) e si fa sentire una voce dentro di te che dice “Sei una/o apatica/o buona/o a nulla, sei un disastro.”

Lo stato mentale che genera questo dialogo non è il massimo: immagina di avere una figlia di 10 anni che torna da scuola con un brutto voto e le dici: “Sei una incapace e stasera vai a letto senza cena.”

Immagina invece di dirle:

“Queste cose succedono, noi ti vogliamo bene lo stesso… vedrai che se ti impegni, magari trovando un metodo di studio diverso, noi siamo certi che farai meglio e potrai recuperare”.

Motivarsi con gentilezza significa parlare a sé stessi così come vorremmo parlare alla nostra immaginaria figlia di 10 anni con il brutto voto, in modo amichevole e affettuoso.
Come parliamo ai nostri cari, amici, colleghi, parenti quando vogliamo supportarli con affetto in un cambiamento importante.

I messaggi positivi e rassicuranti creano lo stato mentale più favorevole a lavorare bene e raggiungere il più alto potenziale.

Nel mio caso, per esempio, dovevo progettare il sito web per questo mio progetto “Medita Mindful”. Facevo proprio fatica a iniziare perché sapevo che avrei incontrato il mio critico interiore che è un po’ un signor Perfettini che vuole tutto fatto bene e mi facevo anche tanti film interiori sui giudizi degli altri ecc.

Poi però ho cercato di portare compassione a me stesso: ho capito che in un certo senso questo è il mio carattere che porta anche cose positive, che potevo ammorbidire un po’ e mi sono connesso con l’intenzione finale che era quella di comunicare un progetto a cui tengo, diffondere le pratiche in cui credo e sapere che il sito non sarà perfetto ma che piano piano diventerà migliore.

Sono passato da uno stato di costante autocritica e procrastinazione a uno stato di compassione e accettazione, e questo ha funzionato meglio e mi ha permesso di cominciare a lavorarci sù.

Anche essere autocritici funziona come forza motivazionale ma funziona grazie alla paura.
La paura di che? Del proprio stesso giudizio, di essere criticati da noi stessi quando falliamo.

Sono tante le cose che nemmeno proviamo a fare per la paura di fallire che porta con sé come conseguenza entrare in contatto con la nostra voce autocrtica.

Un mio caro amico qualche tempo fa mi diceva che non faceva nessun tipo di corso (mentre io sono dipendente dai corsi, dal parkour al fumetto) perché si vergognava di non essere bravo. Ma fare corsi serve proprio a diventare bravi! 🙂

La paura funziona ma porta ansia, e l’ansia compromette il compito da svolgere o porta a strategie di autosabotaggio incredibilmente elaborate, come la procrastinazione, impegnarsi poco o prepararsi troppo per ridurre l’agitazione. Ti ci riconosci?

La self-compassion invece è più forte dell’autocritica e della paura.
Perchè? La risposta è nell’amore, l’affetto, l’amicizia.

Essere amici di sè stessi ci permette di sentirci fiduciosi e sicuri (si attiva l’ossitocina, un ormone del benessere) mentre la paura attiva l’amigdala, organo del cervello deputato alle reazioni ai pericoli.

Puoi connetterti con quella parte di te che è l’amico, il saggio interiore: puoi nutrire la parte di te che vuole che tu stia bene e sia sana/o e contenta/o (spoiler: è già dentro di te).

Un giorno, un nonno e suo nipote si fermano a guardare il tramontare del sole… In quel mentre, il bimbo chiede al nonno, un saggio capo Cherokee :”Nonno, perché gli uomini combattono?” Il vecchio, con voce calma, gli risponde: ”Ogni uomo, prima o poi è chiamato a farlo. Per ogni uomo c’è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perché lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi.” “Quali lupi nonno?” “Quelli che ogni uomo porta dentro di sé.” Il bambino non riusciva a capire. Attese che il nonno rompesse l’attimo di silenzio che aveva lasciato cadere tra loro, forse per accendere la sua curiosità. Infine il vecchio che aveva dentro di sé la saggezza del tempo riprese con il suo tono calmo. “Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, menzogna ed egoismo.” Il vecchio fece di nuovo una pausa, questa volta per dargli modo di capire quello che aveva appena detto. “E l’altro?” “L’altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede.” Il bambino rimase a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato. Poi diede voce alla sua curiosità ed al suo pensiero. “E quale lupo vince?” Il vecchio Cherokee si girò a guardarlo e rispose con occhi puliti: “Quello che nutri di più.”

Questa è una storia interessante, ci aiuta a capire come nutrire il lupo giusto: se vuoi smettere di fumare non devi dare da mangiare al lupo tossico autodistruttivo e autoindulgente. Dai da mangiare al lupo buono: entra in contatto con quella parte di te che vuole il bene per te nel lungo termine, praticando Self-Compassion.

La mia vita è cambiata radicalmente da quando ho iniziato ad essere leggermente più morbido con me stesso: non sono diventato Tony Robbins, sono sempre una mozzarella però una mozzarella che si sta dando da fare e mi piace così.

Questo è l’augurio che ti faccio, di nutrire il lupo buono e diventare la versione migliore “mozzarella che si sta dando da fare” di te grazie a un dialogo interiore più gentile e compassionevole.

Se poi con questa pratica riesci anche a correre la tua prima maratona, scrivimi che ti offro una cena (a base di mozzarelle).

Seguirà un post con alcuni esercizi pratici su come cambiare il dialogo interiore.

Ho parlato di questo tema anche in una diretta Facebook che puoi recuperare QUI.

Credits: Foto di Sebastian Coman Photography su Pexels

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2 risposte

  1. Bellissimo articolo! E’ arrivato al mio “lupo buono”. Spero di riuscire a mantenere l’intenzione di nutrirlo, e non dimenticarmene appena rientrata nel solito tran tran.

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